L’allenamento del Karate

L’allenamento nel Karate-do non è altro che il Seizapercorso attraverso il quale conoscere il potere di cui la natura ci ha dotato, di cui spesso non si ha cognizione, ed imparare ad usarlo. Lo scopo dell’allenamento quindi, è acquisire il completo autocontrollo attraverso la ricerca della “tecnica perfetta”.

L’apprendimento del karate si fonda sulla pratica costante delle tecniche fondamentali ripetute singolarmente nel kihon, combinate in sequenza nel kata e applicate   efficacemente nel kumite. Indipendentemente dal contesto di esecuzione, deve essere  posta attenzione, non solo al movimento, ma anche ad alcuni aspetti fondamentali quali lo zanshin, ossia la condizione in cui si è rilassati ma allo stesso tempo in guardia, il kime, cioè la contrazione istantanea della muscolatura eseguita impiegando la massima potenza nel lasso di tempo più breve, e il kiai, il quale indica una forte espirazione sonora effettua nei momenti di massima tensione, con cui è possibile fornire alla muscolatura una carica ulteriore di energia esplosiva.

Kihon

Con il termine Kihon, cioè tecnica di base, si identifica lo studio dei fondamentali di difesa ed attacco nella loro purezza formale. Ogni aspetto del gesto tecnico viene analizzato nei più fini dettagli teorici e pratici, attraverso l’esecuzione ripetuta di sequenze motorie prefissate e diversificate a seconda del livello d’esperienza raggiunto dall’allievo. Tale metodologia, dall’allenamento, garantisce l’evoluzione tecnica ed atletica del praticante, non solo grazie all’apprendimento dei movimenti di base, ma anche al controllo del proprio corpo, raggiunto con la padronanza di equilibrio, velocità, potenza e ritmo.

Kata

I kata, cioè “esercizi di forma”, sono delle sequenze di movimenti prestabiliti, nati dalla combinazione di varie tecniche così da simulare un combattimento immaginario. Il karateka esegue il kata da solo, nella più totale concentrazione, cercando di rispettare i tempi d’esecuzione delle tecniche, la velocità, la direzioni, la respirazione, nonché la gestualità e il ritmo. Attualmente se ne praticano più di trenta, alcuni dei quali si tramandano da secoli, altri composti in epoca relativamente recente. La pratica del kata è fisica, ma anche spirituale poiché durante l’esecuzione, il karateka deve esprimere coraggio e sicurezza, ma anche umiltà, senso della misura e cortesia. Infatti Gichin Funakoshi sosteneva che “senza cortesia lo spirito del karate-do va perduto” sottolineando l’importanza del saluto iniziale e finale. Ogni kata tradizionale presenta alcuni aspetti comuni come la prima tecnica, che rappresenta sempre una gestualità di difesa a conferma dello spirito difensivo del karate e l’ embusen, ossia il tracciato di esecuzione, che inizia e finisce nello stesso punto. Diversi sono i modi per interpretare un kata: in maniera lenta e decontratta al fine di apprenderlo, decontratto ma rapido per allenare gli spostamenti e l’equilibrio, a velocità e contrazione sostenute per verificare i progressi, con lentezza ma grande contrazione per sviluppare la tonicità muscolare e la potenza, con vari attaccanti per comprenderne l’applicazione, cioè il bunkai.

Kumite

Il Kumite, che letteralmente significa “mani che vengono a contatto”, è quella parte della pratica nella quale le tecniche di difesa ed attacco, apprese nel Kata e nel Kihon, vengono applicate realmente in un combattimento. Attraverso un percorso di miglioramento che verte su aspetti di crescente complessità, prima tecnici poi tattici ed infine spirituali, l’atleta giunge a comprendere e non temere un combattimento reale, raggiungendo consapevolezza fisica ed emotiva. Per questo esistono tre diversi tipi di Kumite tradizionale (kihon kumite, jiyu ippon kumite, jjyu kumite), a ciascuno dei quali è associato un certo livello di difficoltà che l’allievo è chiamato ad affrontare gradualmente, all’insegna del massimo rispetto dell’avversario e del massimo controllo dei colpi. Il Kumite così praticato non coincide completamente con il Kumite sportivo, che ne è un adattamento conforme ad un’applicazione agonistica, nel quale lo scontro avviene in maniera controllata, con le dovute protezioni, limitando i colpi permessi e l’obbiettivo è costituito dalla vittoria della competizione. La pratica di entrambe le tipologie costituisce una fonte di grande stress emotivo e psicologico, per cui affrontare tale situazione permette di acquisire maggiore consapevolezza. Quindi il kumite, in ogni sua forma, contribuisce a creare una formazione globale dell’individuo.

“Una tecnica perfetta esprime sempre una perfetta bellezza. Ciò che non è bello a vedersi è anche inefficace. Questa bellezza non dipende dalle sembianze fisiche del praticante, ma dalla forma sottile della sua mente.”

Gichin Funakoshi